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I giovani rischiano una vecchiaia in povertà
È stato recentemente lanciato l’allarme per i trattamenti pensionistici che riceveranno i giovani di oggi. Innanzitutto è bene spiegare che per “giovani” si intendono i contributivi puri ovvero tutti quei lavoratori che hanno iniziato a contribuire dopo il 1995.
Il motivo di questo allarme è dato dai lavori sempre più incerti, precari e saltuari che non consentono perciò di maturare una pensione che sia congrua con ciò che uno si aspetta di vivere negli anni post-lavorativi. Si ipotizza che oltre la metà dei dipendenti assunti dopo il 1995, non saranno potranno godere di una pensione adeguata. (Felice Roberto Pizzuti economista della Sapienza, 13esimo Rapporto sullo Stato Sociale).
Intanto il presidente dell’Inps Pasquale Tridico, ha proposto come prima soluzione quella di allargare la pensione di cittadinanza fino a € 780, mentre invece Felice Roberto Pezzuti propone di “attenuare il collegamento rigido tra prestazioni e contributi introducendo una pensione di base, cioè un importo pensionistico garantito che tenga conto degli anni di attività individuale anziché del solo montante di contributi accumulato”.
Un ulteriore fattore determinante in questo complicato scenario è il costante invecchiamento della popolazione poiché se “la quota dei redditi da lavoro sul PIL continua a diminuire, non esiste alcuna riforma delle pensioni che possa garantire la stabilità finanziaria del sistema”.